Quando non avviene il dialogo desiderato rimane solo l’incubazione.
Tuffarsi nelle proprie idee per vederle.
E a volte traspare un certo ordine che prima non era così evidente.
Come non elettore incallito e (fino ad ora) pensatore solitario, non posso certo illudermi di essere politico.
Politico è qualcuno che è il ricettacolo di mille richieste accompagnate da deleghe di potere per esaudirle.
Una specie di santo praticamente. Se c’è differenza è che il santo è già morto e non gli si può dare una delega per governare. Il santo inoltre non si può più corrompere.
Un politico morto invece vale quanto un cane morto, a meno quei pochi casi in cui non muore di morte naturale o per colpa propria, e ci si può giocare su con i media.
Quindi non sono politico. Che non sono UN politico è ovvio. Dico che non solo politico senza articolo.
E quindi quello che faccio, anche se è nel campo della politica, non lo è esattamente.
Che fosse metapolitica lo sapevo dal principio. Ma l’incubazione mi ha suggerito un nome:
Ingegneria democratica.
Mi sono reso conto, che in quello che cerco di fare sto lasciando fuori una cosa che è il pane quotidiano della politica: I giochi di influenze.
O meglio, so perfettamente che ci sono e so quanto pesano. Ma le considero più negative che utili, per cui ripenso le cose con intenzione cosciente di escludere alcuni fenomeni (influenze, corruzione, spreco, bassa efficienza, etc.)
Ri-progetto come lo fa un imprenditore tecnico. Un processo di ingegneria.
Rifare le cose consiste perciò in fare prima un inventario della realtà.
Cosa abbiamo.
Come funziona.
Cosa funziona bene.
Cosa non funziona bene.
L’inventario si fa anche di soluzioni sviluppate da altri.
L’obbiettivo alla fine non è inventare l’acqua, bensì usare metodi per fare le cose meglio e in beneficio e col rispetto dei più possibile.
E poi
Cosa si può aggiustare.
Da cosa mantenersi alla larga.
Cosa circoscrivere e neutralizzare.
A cosa puntare.
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