Il debito pubblico è il debito che noi italiani abbiamo per le spese che facciamo al disopra delle nostre possibilità.
Qualche maligno (non so di quale orientazione politica) dirà che i debiti li contraggono i governanti, e poi li paghiamo noi.
Non è vero.
Se si delega, chi ha la delega lo fa per noi.
Siamo noi che abbiamo dato la delega per fare i debiti, e noi li paghiamo.
Leggendo letteratura del diciottesimo secolo, mi sono reso conto che si possono risolvere anche i problemi tragici. O perlomeno si possono fare delle proposte modeste per risolverle.
Un modo molto furbo e degno degli italiani, sarebbe il seguente:
Il debito è degli italiani, giusto?
Quindi facciamo un referendum, cambiamo il nostro nome e il nome del paese (tipo Garibalidia o Fregonia), e lasciamo che il debito muoia con gli italiani di ieri.
Potremmo dichiararci alieni al contratto di debito. Non abbiamo firmato noi, e chi deve pagare è chi ha firmato e basta.
Per ridurre i debiti potremmo fare felici i leghisti e mandarne uno in ogni comune, a controllare le finanze e vedere come si spendono i loro soldi.
Si deve facilitare la confisca dei beni di evasori ... non so cosa siano ormai, perchè avere due contabilità non è reato, e quindi non sei evasore. Sospetto che evasore in Italia è solo chi non paga richieste dirette del Ministero delle finanze, non chi è modesto nel dichiarare.
Le leggi sulle confische ovviamente si fanno escludendo specificamente al Signor Berlusconi, che sia primo ministro o no. Altrimenti le leggi non passano ed è inutile discuterle.
La confisca deve includere i beni registrati sotto nomi di famililiari e prestanome.
Ai denuncianti invece si offre un premio spia.
Gl iimmigrati, quelli che non piacciono, perchè contro le topone di qualsiasi paese, anche se i documenti non sono in regola non abbiamo niente in contrario (mica siamo razzisti! Anzi, se avessimo il potere anche noi le trasformeremmo in nipoti di politici esteri, e chiuderemmo gli occhi sui loro ingarbugli per questioni diplomatiche!) e che ci costano una fortuna, li portiamo in ponte navale alle isole Figi o comunque da qualche parte dove non hanno petrolio o altre cose che fanno gola a mezzo mondo, e dove non hanno neppure come fermarci a cannonate, così non c’è pericolo che qualcuno ci obblighi a riprenderceli.
Forse si può fare un accordo commerciale con i narcotrafficanti messicani, che si incaricano con piacere degli immigranti.
(Proposta crudele, indubbiamente, ma per debito al padre delle proposte modeste doveva apparire.)
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